8 aprile 2025 – Alcune delle molecole che si attivano nell’organismo in caso di malattia hanno un sorprendente effetto ‘collaterale’: agiscono anche a livello del cervello modificando il comportamento, in particolare facendo aumentare ansia e socievolezza. Lo hanno scoperto due studi correlati guidati da Massachusetts Institute of Technology e Scuola di Medicina di Harvard, pubblicati sulla rivista Cell, che dimostrano che cervello e sistema immunitario sono molto più interconnessi di quanto si pensasse. I risultati aprono, inoltre, a trattamenti innovativi per disturbi come autismo e depressione, che potrebbero sfruttare questo collegamento inaspettato agendo indirettamente attraverso il sistema immunitario.
Già diversi anni fa, alcuni studi condotti su bambini autistici hanno osservato che i loro sintomi diminuiscono temporaneamente quando hanno la febbre, mentre sperimentazioni cliniche per farmaci che agiscono su cellule immunitarie hanno mostrato effetti negativi inattesi sulla salute mentale dei partecipanti. Per far luce sulla questione, i ricercatori coordinati da Gloria Choi del Mit e Jun Huh di Harvard si sono concentrati su una molecola chiamata interleuchina-17 (IL-17), che svolge un ruolo importante nella difesa dell’organismo contro le infezioni aiutando a controllare l’infiammazione. Gli autori degli studi hanno scoperto che ci sono recettori per queste molecole in due diverse regioni cerebrali, dove esercitano due effetti che sembrano opposti: nell’amigdala, l’IL-17 provoca ansia, mentre nella corteccia somatosensoriale promuove comportamenti più socievoli. Secondo i ricercatori, questo strano meccanismo potrebbe spiegarsi se l’IL-17 si fosse originariamente evoluta come neuromodulatore, e che solo in un secondo momento sia stata ‘arruolata’ dal sistema immunitario. Un’ipotesi supportata dal fatto che, nel verme Caenorhabditis elegans, questa molecola non svolge alcun ruolo immunitario, ma è attiva solo a livello dei neuroni.